Il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía è una delle tre principali istituzioni museali della capitale spagnola, insieme al Museo del Prado e Museo Thyssen-Bornemisza, e nell’ultimo decennio ha impostato una profonda riflessione, con precisi esiti nella politica culturale dell’istituto, sul rapporto tra arte, museo, documento e archivio.
Il museo è nato nel 1992 nella cornice settecentesca dell’ex-Ospedale generale di Madrid come galleria d’arte moderna e contemporanea con una particolare attenzione per l’arte del Novecento. Oltre alla dimensione museale il Reina Sofia si è distinto dal 2005 in poi per essere un vivace centro di elaborazione culturale, diventando uno dei principali protagonisti della riflessione in Spagna sul ruolo delle istituzioni culturali e del rapporto di esse con la società contemporanea. I primi passi di una revisione del concetto stesso di collezione museale, e di opere d’arte in particolare, sono partiti dalla considerazione che la produzione artistica contemporanea, e soprattutto dal 1950 ad oggi, non possa essere compresa tramite la sola opera d’arte e la documentazione, in questo senso, sia indispensabile per approcciarsi a tali fenomeni culturali complessi.
Questa considerazione di per sé non è particolarmente rivoluzionaria, ha superato la dimensione semplicemente storicistica della contestualizzazione dell’opera d’arte attraverso (anche) la documentazione d’archivio coeva ed è stata sviluppata secondo una molteplicità di punti di vista, che si sono condensati nel paradigma dell’Archive of the commons. Il museo diventa un archivio di “beni comuni”, che propone una ambiziosa e innovativa missione culturale per questo tipo di istituzioni, unendo caratteristiche e prerogative considerate in precedenza singolarmente esclusive di archivi, biblioteche o musei, in una concezione unitaria e universale della cultura.
Il museo come Archive of the commons vede la sua ragion d’essere come una critica a due impostazioni, moderna e post-moderna. L’impostazione moderna intesa come l’approccio Ottocentesco alle istituzioni culturali come templi (della patria, della bellezza, ecc..) e all’ostensione dell’opera d’arte (o del documento) come fossero di per sé profusori di cultura; sull’altro versante la critica all’impostazione post-moderna e all’egemonia culturale del presente, riscoprendo la missione culturale come argine al dominio del management dei beni culturali, della cartolarizzazione dell’arte e della logica del pubblico di spettatori profilati come statistiche pubblicitarie. L’Archive of the Commons propone l’obiettivo di essere lo strumento per le persone (superando ogni declinazione nazionale), per entrare in contatto con oggetti relazionali, testimonianze del passato come del presente, conservati dall’istituzione per promuovere la conoscenza e la riscoperta dell’umanità.
L’impostazione deve molto alla riflessione decoloniale e sulla proprietà collettiva della cultura che ha interessato l’area ispano americana negli ultimi decenni producendo un progressivo spostamento di paradigma, da una concezione nazionale dei beni culturali a una vocazione universalistica della cultura, non in senso estetico-contemplativo ma sottolineandone il potenziale di leva di liberazione («psicologicamente, fisicamente, socialmente e politicamente» come scrive Claire Bishop nel suo Museologia Radicale).
Un esempio immediato di questa impostazione del Museo Reina Sofia è l’applicazione di tale filosofia alla sua opera più famosa e celebrata, Guernica di Pablo Picasso, che è stata recentemente l’oggetto del portale Rethinking Guernica. Il portale è un grande contenitore interattivo che permette di avvicinarsi all’opera di Picasso da una molteplicità di punti di vista (artistico, storico, archivistico, biografico, cronologico, bibliografico, sociale e politico), collegando una ricchissima varietà di documenti di ogni tipologia, dalle fotografie dell’artista all’opera alle repliche di Guernica usate come volantino, dalle lettere alle immagini ai raggi X del dipinto, fino alla “democratizzazione” dell’opera stessa e della suo vita in graffiti e disegni sui muri delle città del mondo.
Nella presentazione del portale si legge «Rethinking Guernica is envisaged as an archive of archives, comprising different public and private archives from institutions and Spanish and international agencies and tracing an approach to the history of the mural by acknowledging its quality as an artwork and icon which transcends its own materiality to become a constantly updated image and symbol. Moreover, the plural nature and provenance of the materials brought together leads to an understanding of the contexts surrounding Guernica — direct or indirect, physical or symbolic — and the multiple historical circumstances it has contributed to, and continues to do so, or in which it has been involved. »
Tra gli esiti più interessanti di questo complesso lavoro di elaborazione si possono citare i cicli di seminari che hanno dato il nome al progetto, Archives of the Commons I e II, nel 2015 e 2017, la proposta di modificare lo status giuridico delle opere d’arte conservate al museo, non più beni artistici ma documenti per poterle rendere più accessibili (come libri in biblioteca o documenti archivistici), e, infine, una serie di attività didattiche “radicali”, gratuite, e di lungo periodo volte a sviluppare la conoscenza dei fenomeni artistici del Novecento come forma di coesione sociale, in particolare per le fasce sociali più disagiate.
Per saperne di più
Reina Sofia Mission statement
Rethinking Guernica
Archives of the Commons: Knowledge Commons, Information and Memory