I terremoti hanno da sempre rappresentato per gli uomini uno dei fenomeni naturali più distruttivi e spaventosi: è pertanto ovvio che di molti eventi sismici del passato sia stata mantenuta la memoria non solo all’interno delle cronache o comunque delle fonti letterarie, ma anche nei documenti d’archivio.
L’Archivio di Stato di Torino non rappresenta un’eccezione: già ad una ricerca rapida e sommaria, come quella effettuata per comporre queste righe, all’interno degli oltre 83 chilometri di documentazione conservata nelle sue due sedi, l’Istituto è in grado di fornire una nutrita messe di testimonianze su fenomeni sismici del passato, più o meno remoto, che hanno interessato l’area Subalpina, zona come noto di pericolosità medio-bassa. Per citare solamente alcuni esempi:
il sisma che colpì la Contea di Nizza il 20 luglio (o agosto) 1564, “quell’orribile terremoto, che per lungo tempo diede materia di discorso, ed agli abitanti del Contado di Nizza, ed agli storici di quei tempi” di cui parla, con dovizia di particolari, Pietro Gioffredo nella sua Storia delle Alpi Marittime, composta probabilmente intorno al 1690;
un terremoto nelle Langhe dell’inverno 1753 che avrebbe “talmente sconvolto il terreno coltivo proprio di alcuni particolari, che secondo le giustificazioni presentate non sarà più possibile di riddurli in stato fruttifero, se non col decorso di molti anni”;
il “terremotto” che colpì il pinerolese lo stesso anno 1753 e che tanto preoccupò l’intendente di Pinerolo che così ne scriveva al generale delle Regie Finanze: “il terremotto ritorna a farsi sentire assai frequentemente in questa città e le scosse sono di molto più gagliarde nel Pragelato a segno che collà tutti tremano”;
la violenta scossa che il 9 ottobre 1828 colpì il Piemonte sud orientale e la Lomellina;
la “forte scossa di terremoto con percussione verticale a cui succedette una prolungata ondulazione” che colpì San Remo e altre località della Liguria Occidentale il 26 maggio 1831, la quale “durò il tutto, secondo l’avviso dei più attenti, quattordici secondi”, provocando ingenti danni e alcune vittime;
il terremoto del 5 settembre 1886 in Val Sangone, che provocò danni anche alla millenaria abbazia di San Michele della Chiusa;
infine, più vicino a noi, il sisma che colpì soprattutto la Bassa Valle d’Aosta il 18 giugno 1968, provocando danni di una certa consistenza ma, per fortuna, nessuna vittima.
Particolarmente ben documentato è il terremoto che colpì Pinerolo e tutta la zona circostante il 5 aprile del 1808, a testimonianza dell’efficienza dell’amministrazione francese: la “relazione circostanziata dell’architetto Arbora delegato del Governo [dà conto] degl’infortuni occasionati in questa provincia dal forte terremoto succeduto nel giorno 5 aprile 1808 circa le ore sei pomeridiane”. Traccia della calamitosa vicenda è rinvenibile nelle carte della Prefettura del dipartimento di Po, da cui la Sottoprefettura di Pinerolo dipendeva: una ricchissima corrispondenza tra i due uffici e con il ministro dell’interno francese testimonia, della beneficenza pubblica, delle donazioni e dei sussidi erogati per sostenere la popolazione.
Tra le carte dell’Archivio di Stato di Torino è possibile individuare anche testimonianze relative ad eventi sismici relativi ad altre zone dell’Italia, per esempio: la “Relazione sul terremoto di Palermo del 17 [in realtà 1, n.d.r.] settembre 1726”, una breve relazione a stampa sul violento sisma, di cui parlano molte fonti coeve, che causò ingenti danni alla città siciliana, provocando anche, secondo le testimonianze, circa 250 vittime; soprattutto, le numerose “Relazioni, lettere, e Memorie concernenti il terremoto, che afflisse il Regno delle Due Sicilie, ed i terribili effetti che produsse principalmente nelle due Calabrie, ed a Messina”, copie di documenti di provenienza borbonica relative al cataclisma provocato da un susseguirsi di violentissimi fenomeni sismici che tra febbraio e marzo 1783 sconvolse Messina e la Calabria, provocando la cancellazione di diversi luoghi abitati e decine di migliaia di morti.
Oltre ai documenti inventariati che esplicitamente parlano di terremoti, dei quali si è sopra fornita una rapida carrellata, una ricerca più approfondita tra le carte condurrebbe sicuramente alla scoperta di testimonianze più nascoste, ma ugualmente interessanti, relative a eventi sismici del passato. Per fare solo un esempio, al terribile terremoto di Messina e della Calabria del 1783, di cui si è già fatto cenno, è dato ampio risalto nella corrispondenza trasmessa quasi quotidianamente a Torino dal marchese di Breme, ambasciatore sardo a Napoli. L’11 febbraio 1783, il Di Breme segnalava che “Le Capitaine d’un batiment marchand partit de Melazzo, et arrive hier a Baja, à mis l’allarme ici en raccontant que’a son depart il y arrivoit dans le Port de Melazzo un batiment venant de Messine, qui apporta la nouvelle que le 5 un tremblement de têrre avoit abimé une partie de cêtte ville, et fait perir plus de 6000 personnes (..)”. Nei giorni e nei mesi successivi il Di Breme tenne aggiornata la Corte di Torino su “ce funeste événement” con dettagliate relazioni periodiche: quelle per esempio del 18 febbraio, dell’11 e 18 marzo, del 15 aprile dello stesso anno.
E che dire poi dei documenti nati da una specifica esigenza, ad esempio quella dell’attribuzione della publica fides ad atti che testimoniano transazioni, avvenuti pagamenti, contratti di matrimonio, ultime volontà, come i minutari di un notaio e che finiscono poi per raccontarci avvenimenti quotidiani come nascite, morti, guerre, raccolti, epidemie e terremoti? È quel che succede con il notaio Dionisio Romeo che nel minutario degli atti degli anni 1612-1614 trascrive tutto quel che è capitato di notevole a Arignano nel chierese e per l’anno 1612 narra che “l’ultimo giorno di genaro 1612, note seguente e venuto il terremoto, qual ha messo spevento per il suo tremore”.
Testimonianze sui terremoti emergono anche da fonti indirette: è il caso, ad esempio, della Camera dei conti di Piemonte che, prima del suo conferimento alla sede attuale delle Sezioni Riunite, funzionava come ufficio e comunicava annualmente al direttore dell’Archivio di Stato di Torino i lavori da effettuare. La sezione camerale si riprometteva di “riordinare cronologicamente e per castellanie le molte migliaia di rotoli stati sconvolti dal terremoto del 23 febbraio 1887”. Si tratta del famoso terremoto conosciuto come il “terremoto di Diano Marina”, dal nome della località di mare che subì moltissimi danni e che anche a Torino ebbe conseguenze, seppur non gravissime, tuttavia non indifferenti.
Un discorso a parte merita infine l’opera di Pirro Ligorio (1512 o 1513-1583), architetto ed erudito napoletano del tardo Rinascimento italiano, di cui la Biblioteca Antica dell’Archivio conserva la maggior parte della produzione manoscritta: tra i volumi ligoriani interessa qui il Libro di diversi terremoti, composto a partire dalla fine del 1570. Il Ligorio, presente in quegli anni alla corte degli Estensi con l’incarico di antiquario di corte, assistette di persona al terremoto di Ferrara avvenuto tra il 16 e il 17 novembre 1570 e continuato con scosse di assestamento per diversi mesi. L’antiquario napoletano, alla pari dei suoi contemporanei, rimase talmente impressionato da questo fenomeno da decidere di comporre un trattato sull’argomento. L’opera è interessante sotto molti punti di vista: oltre a contenere un’analisi filosofico/teologica sulla natura dei terremoti, esso raccoglie un elenco dei principali sismi descritti dagli autori classici e da alcune fonti medievali e bizantine, per poi passare alla Compilatione delli giorni del terremoto venuto nella città di Ferrara et incominciato dal primo di novembre incognitamente et riconosciuto nelli sedici di esso mese dell’anno MDLXX, una sorta di dettagliato diario giornaliero del sisma dal 1 novembre 1570 al 12 gennaio 1571. Di estremo interesse è il capitolo intitolato Delli remedii contra’ terremoti per la sicurezza degli edifici, nel quale l’architetto Ligorio presenta quello che è il primo progetto di casa antisismica conosciuto nel Mondo Occidentale.
Approfondimento sulle fonti documentarie (pdf 22 kb)